La prima testimonianza scritta della comunità ebraica a Pisa è una norma statutaria che a fine del 1200 impone agli ebrei di risiedere tutti in uno stesso luogo della città; è probabile però che la presenza in città sia da anticipare a prima dell’anno mille, in quanto una comunità ebraica era già presente nella vicina Lucca e Pisa era un importante città portuale che attirava persone di ogni cultura e religione.
Fino a tutto il 1300 però la presenza della comunità ebraica non doveva essere molto numerosa poiché nel 1353 un bando della città invitava gli ebrei a stabilirsi a Pisa, appello rivolto soprattutto alle famiglie dei mercanti perché potessero dare forza al rilancio dell’economia pisana ormai in forte decadenza; questo appello non ebbe l’effetto sperato mentre ebbero successo le Lettere Patenti conosciute come “Livornine”: una serie di provvedimenti legislativi emanati dal granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici nel 1591 e nel 1593, che garantivano ai mercanti ebrei che volessero trasferirsi a Pisa o Livorno il rispetto delle libertà religiose, personali e commerciali. Questi provvedimenti richiamarono a Livorno una numerosa comunità di mercanti ebrei, grazie anche alla presenza del fiorente porto.
A Pisa i provvedimenti del Granduca non ebbero il successo sperato, la “nazione” ebraica intorno al 1615 era composta da 500 anime. La documentazione presente nell’Archivio storico della Comunità di cui ci occupiamo parte proprio dal 1615 arrivando fino alla metà del 1800, due secoli di importanti cambiamenti per la condizione della comunità ebraica Toscana e Pisana.
Le riforme più significative furono introdotte da Francesco I, marito di Maria Teresa d’Asburgo d’Austria, che fu Granduca di Toscana dal 1737 al 1765. Sovrano illuminato, volle il primo censimento della popolazione nel 1745 e l’adozione del calendario gregoriano nel 1750.
Francesco, introducendo l’obbligo del calendario gregoriano intendeva stabilire una uguale modalità di inizio dell’anno in tutti i suoi possedimenti (a Pisa l’anno iniziava il 25 marzo), la ragione era, dunque, quella di uniformare tutte le date pubbliche e commerciali, con il resto dell’Europa, dove il calendario gregoriano era stato adottato dalla maggioranza dei sovrani, compresi, proprio dal 1750, anche Inghilterra e Svezia.
Alla morte di Francesco gli succede il figlio Pietro Leopoldo di Lorena (1765-1790) e il granducato conosce la fase più innovativa del governo lorenese: una solida politica agraria, riforme del commercio, dell’amministrazione pubblica e della giustizia.
Il granduca promulgò una serie di disposizioni volte alla tolleranza religiosa a garantire agli ebrei diritti simili a quanto previsto per i sudditi cattolici e questo portò ad un’assidua attività di diplomazia e una vasta produzione di suppliche rivolte al sovrano. Sempre sotto Pietro Leopoldo, in un lasso di tempo di circa 12 anni, si cominciò a far entrare in alcune cariche pubbliche in base ai “possedimenti” e quindi questo aprì le porte anche ad esponenti di famiglie ebree possidenti, partendo proprio dai territori di Volterra e Pisa. La continuità della dinastia degli Asburgo Lorena viene interrotta da Napoleone (1801-1807) per poi ritornare al granducato nel 1814. Nel 1859 viene occupato dalle truppe del Regno di Sardegna e nel 1860 annesso al Regno d’Italia.