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Archivio storico della Comunità Ebraica di Pisa

 

Presentazione dell’archivio (A cura di Chiara Giannotti)

La Comunità Ebraica di Pisa conserva a tutt’oggi un complesso documentario assai cospicuo e molto importante, sia come testimonianza diretta dell’ormai affermata presenza ebraica sul territorio pisano, sia come indispensabile strumento di ricerca storica per utenti che si avvicinano ai nostri documenti per diversi motivi.

Nel corso del tempo l’Archivio della Comunità ebraica pisana ha subito vari rimaneggiamenti, dei quali, almeno in parte, è stato possibile rinvenire traccia grazie agli stessi documenti conservati nel corso dei secoli.

Dai registri delle deliberazioni del Consiglio si evince che nel 1907 la Comunità incaricò Alfredo Segré di “riordinare e repertoriare” l’Archivio dell’Amministrazione. Questo incarico fu svolto in modo “lodevole e con criteri saggi”. Non ci è dato sapere cosa in effetti venne riordinato e repertoriato, anche se la dizione “Archivio dell’Amministrazione” ci fa pensare alla parte più recente della documentazione, quella che al tempo doveva essere l’Archivio di deposito e parte di quello corrente e che oggi possiamo circoscrivere nell’arco cronologico che va dal 1815 ai primi del XX secolo. Infatti dopo il breve periodo del Concistoro (dal 1808 al 1814), quando la parte più prettamente decisionale-amministrativa (emanazione dei decreti) faceva capo al Concistoro degli Israeliti del Dipartimento del Mediterraneo con sede in Livorno sulla base degli ordini impartiti dal Concistoro Centrale di Parigi, si torna a una amministrazione degli affari “locale”, autonoma, denominata appunto della “Amministrazione dell’Università Israelitica”. Possiamo asserire che almeno fino alla metà del Millenovecento la parte documentaria più antica non sia stata interessata da interventi archivistici.

I primi documenti che ci testimoniano uno scambio di lettere fra Mario Luzzatto (Direttore dell’Archivio di Stato di Pisa) e Pietro Pecchiai (Segretario-Archivista della Comunità ebraica) risalgono, almeno per quanto ne sappiamo, al 1955; pare infatti che il 7 aprile 1955 si sia svolta una visita del Direttore presso i locali dell’Archivio per appurarne lo stato di conservazione, l’esistenza di mezzi di corredo e la fruibilità delle carte.

Da questo sopralluogo, nacque una relazione nella quale Mario Luzzatto non solo tracciò a grandi linee una storia della Comunità, ma stilò anche un elenco di consistenza del materiale storico trovato nel locale di via Palestro che ospitava l’Archivio, diviso fra “Archivio proprio” e “Archivi aggregati” (in pratica gli atti relativi alle Opere Pie), servendosi probabilmente del numero di corda che molti pezzi tutt’oggi conservano sulla costola, risalente a un vecchio inventario ottocentesco andato perduto.

Aveva infine raccomandato di “ritrovare il vecchio inventario e completarlo con gli atti più recenti”, facendo una operazione di scarto sui bollettari e sui mandati più antichi di cui si conservassero i registri. Almeno fino al 28 marzo 1956 tale inventario, così come suggerito dal Luzzatto, non era stato ancora redatto, tant’è che venne inviata una lettera in cui se ne chiedevano notizie; la risposta della Comunità non si fece attendere e il 31 marzo si mandò a dire che, avendo perduto l’inventario stilato dalla Direzione dell’Archivio di Stato di Pisa, era necessario procedere alla stesura di uno nuovo.

Sembra che questo nuovo inventario sia stato infine redatto, tant’è che con lettera del 9 maggio 1956 la Sovrintendenza Archivistica di Firenze ne chiese una copia.

Sembra verosimile che si tratti dell’elenco di consistenza dell’Archivio storico tutt’oggi in uso, compilato da Pietro Pecchiai nell’aprile 1956, sulla base dei numeri di corda ritrovati sui pezzi e risalenti a un riordino ottocentesco; i pezzi che dovevano essere 465, risultano in realtà 453 in quanto all’epoca non se ne trovarono 12 (quelli numerati 4,45,48,50,54,55,56,57,312,313,314,323). Alla mano di Pietro Pecchiai va infine attribuito un quadernetto contenente un inventario topografico sia dell’Archivio storico che di quello più recente (almeno fino alla prima metà del 1900), lavoro apprezzabile, ma purtroppo oggi non più utile se non limitatamente all’individuazione dei pezzi per un eventuale confronto con quanto è arrivato fino a noi.

Tra i pezzi oggi dispersi per esempio ci sono tre Ketubot antiche, che stando a quanto appuntato dal Pecchiai nel suo quadernetto vennero tranquillamente regalate a qualcuno la cui identità non viene rivelata.

Un primo abbozzo di inventario, con tentativo di divisione in Serie del materiale, è quello del Luzzatto, uscito col titolo “Archivio della Comunità Israelitica” su «Archivio Storico Italiano», (anno CXIV del 1956, p. 535).

Nel 1958 Daniel J. Coen, direttore dell’Archivio Storico Generale Ebraico di Gerusalemme, fece richiesta alla nostra Comunità di avere in deposito tutto l’Archivio Storico. Per fortuna l’allora Presidente Silvio Pugliese rifiutò tale gentile richiesta, salvaguardandoci dalla perdita di un così importante patrimonio documentario.

Bisogna arrivare fino al 1981 per trovare traccia documentaria (e materiale) di nuovi interventi sul nostro Archivio. Una relazione datata 26 giugno 1981, firmata Bruno Di Porto, ci informa “dell’attività svolta nel 1980-81 per l’ordinamento dell’Archivio della Comunità”; pare che l’incarico per il riordino fosse iniziato fin dal 1978 per volontà dell’allora Presidente Guido De Cori, poi rinnovato dal Consiglio negli anni successivi.

Purtroppo non siamo riusciti a trovare la relazione sul lavoro svolto negli anni 1978-79 e 1979-80, ma anche leggendo cosa è stato fatto nella “terza parte” dell’intervento possiamo capire in cosa nel suo complesso sia consistito e con quali criteri sia stato applicato.

Il materiale fu suddiviso in “settori archivistici” disposti in ordine alfabetico (da “A” a “H”) e collocato all’interno di un armadio. I documenti vennero in parte ordinati e “schedati” con criterio analitico e in parte disposti, con una prima sistemazione di massima, nell’armadio della Sala d’Archivio, in vista di una più precisa elaborazione negli anni successivi. L’intervento in questione è durato quattro anni ma ha seguito un criterio più da biblioteca che da archivio. E’ su queste basi che Bruno Di Porto chiede per conto della Comunità alla Soprintendenza il suo interessamento per un intervento definitivo di riordino.

Una nuova relazione, purtroppo non datata né firmata, ma scritta su carta intestata della Soprintendenza Archivistica della Toscana, ci fa sapere che furono in effetti stanziati 50 milioni di lire in cinque anni per una schedatura analitica delle unità archivistiche, essendo di grande rilevanza la documentazione conservata presso l’Archivio comunitario. Non sappiamo se a tale lettera seguirono effettivi interventi, anche se da come sono andate le cose in seguito possiamo affermare che tutto si bloccò almeno fino alla metà degli anni ‘90 del secolo scorso quando in effetti iniziò un nuovo lavoro di riordino.

Una relazione tecnica firmata da Barbara Martinelli ci informa che nel luglio 1997 fu iniziato un nuovo intervento sulle carte, il cui primo passo fu quello di operare uno scarto (ma non si specifica su quale materiale), il secondo consistette nel suddividere la documentazione storica da quella finanziaria più recente e infine si doveva schedare analiticamente su supporto informatico i pezzi ancora racchiusi nei pacchi. Da questo intervento si escludeva quella parte d’archivio ricollocata nei contenitori negli anni ’70.

Nell’ottobre dello stesso anno (relazione non firmata, datata 20 ottobre 1997) si appura che lo scarto aveva coinvolto parte del materiale finanziario dell’archivio di deposito (anni 1959-1989) e che si era compilato un primo elenco di consistenza dei pezzi dell’Archivio storico. Questi dovevano essere infine schedati e inseriti in un programma informatico per la gestione di archivi, col fine di suddividerli in Serie e Sottoserie, cercando di ricostituire l’Archivio nella “sua forma originaria”.

Un’ultima relazione, datata 25 gennaio 1999, ci informa che in due anni erano stati schedati in tutto circa 600 pezzi degli oltre 1000 che componevano l’Archivio della Comunità e che tale materiale inventariato era già a disposizione del pubblico.

L’ultimo intervento di riordino è iniziato nel gennaio 2006, seguito in una prima fase da Barbara Martinelli e dalla scrivente e in una seconda dalla sola scrivente. Al 2010 si è riusciti a schedare e riordinare sia il materiale già presente nei locali adibiti ad archivio sia una ingente mole di carte ammucchiate e ormai dimenticate nei locali del matroneo della Sinagoga.

L’Archivio storico ad oggi si compone di 1423 Unità (tra registi, filze e faldoni) e 4463 Sottounità (fascicoli e carte sciolte), materiale che a seguito del lavoro di riordino è stato “suddiviso” in 47 Serie, nelle quali si sono inclusi anche gli Archivi aggregati delle Confraternite e Società gestite dalla Comunità stessa e ciò che resta degli Archivi delle Sezioni di Lucca e Viareggio. Il passo successivo alla suddivisione in Serie e Sottoserie dei documenti è stato quello di scrivere il presente inventario, con lo scopo di introdurre anche i meno esperti al vasto panorama delle carte prodotte nei secoli dalla nostra Comunità, affinché vi si possano approcciare senza timore o incertezza.

L’inventario è uno strumento di corredo fondamentale al materiale documentario in quanto, pur descrivendolo secondo l’ordine dato dall’archivista, lo descrive anche secondo l’ordine originario (o nelle peggiori ipotesi, secondo l’ordine dato da manomissioni successive, delle quali comunque bisogna tener conto), giacché l’archivista di oggi è tenuto a seguire il così detto “metodo storico” o “principio di provenienza”. Questo metodo di ordinamento si basa essenzialmente sullo studio della storia delle istituzioni che hanno prodotto le carte, ricostruendone il modo di funzionare, le competenze, l’organizzazione, la struttura e non per ultimo i mutamenti nello svolgere le proprie funzioni che si sono verificati nei secoli. Detto ciò crediamo sia comprensibile il fatto che scrivere l’inventario di un Archivio sia un compito non semplice in genere, ma lo diventa ancora meno se pensiamo che nel nostro caso non abbiamo a disposizione neppure molta bibliografia che ci aiuti nello studio e nell’analisi di questo Ente (Nazione Ebrea di Pisa, poi Università Israelitica di Pisa, Comunità Israelitica di Pisa e infine Comunità Ebraica di Pisa), produttore, fin dalla fine del XVI secolo, delle carte in questione.

Come di consueto per gli inventari, a corredo e in apertura di ogni Serie archivistica, è stata scritta una breve introduzione sul contenuto della Serie stessa, ma visto quanto già accennato in precedenza circa la scarsità di informazioni sulla storia della Comunità ebraica pisana, abbiamo voluto ampliare il discorso inserendo spiegazioni di alcune usanze, riti ebraici, particolari denominazioni di documenti che derivano dall’ebraico e, ove l’abbiamo ritenuto necessario, inserendo vere e proprie introduzioni storiche.

Questo è maggiormente vero per gli Archivi aggregati, i quali sono stati inseriti nel programma come Serie dipendenti dal Fondo Comunità Ebraica, più che come veri e propri archivi indipendenti, in quanto pur sempre amministrati dalla Comunità.

Attorno all’Archivio Storico, al fine di dare continuità e nuove strade al progetto di diffusione della cultura ebraica, la nostra Comunità porta avanti una articolata serie di proposte rivolte non solo ai propri iscritti ma anche alla cittadinanza, mettendo a disposizione degli interessati il proprio patrimonio culturale. Le iniziative in oggetto si muovono su più piani, ma molte di esse prevedono l’utilizzo del materiale archivistico conservato nei nostri locali. Il piccolo volume «Lunario 5768» e il libro «Millecentocinquantanni. Un nuovo ritratto di famiglia: ebrei ed Ebraismo nelle Province di Pisa e Lucca (859-2009)» (che ci è valso un encomio da parte del Presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano) ne sono un esempio.

Nel corso di questi anni abbiamo organizzato iniziative per aprire l’Archivio Storico a un pubblico sempre più vasto e meno specializzato, come le scolaresche che, attraverso la nostra consulenza e il nostro sostegno, hanno presentato progetti strutturati volti alla ricostruzione della storia locale.

Ci preme sottolineare che questo operato ha dei riflessi importanti anche su progetti e iniziative che trovano la loro realizzazione nella Giornata Europea della Cultura Ebraica e nel Giorno della Memoria (ma non solo), per i quali – secondo esigenze diversificate – la nostra Comunità ha reso disponibile sia il proprio Archivio Storico sia il proprio personale portatore di conoscenze storico-culturali specifiche e capacità organizzative appropriate.

Il particolare “occhio sul territorio” e, in generale, la cura dei vari aspetti dell’Ebraismo sono due degli elementi che la Comunità tenta di preservare e coltivare attraverso una attenta gestione delle sue preziose carte. Peraltro a supportare questa nostra attività troviamo la Soprintendenza Archivistica per la Toscana che, dichiarandone il valore storico-documentario, come si legge in una nota del 2004 “ha dato avvio al procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale del materiale documentario compreso fra l’inizio del XVII secolo e la metà degli anni Sessanta, di proprietà della Comunità Ebraica di Pisa e da essa detenuto, in quanto si ritiene che esso rivesta interesse storico particolarmente importante per i seguenti motivi: “costituisce una ricca e preziosa testimonianza della presenza ebraica nella città di Pisa ed una fonte rilevante per gli studi sulla città stessa e sul suo territorio”. Così, grazie al suo supporto e alle sue preziose indicazioni, la nostra attività di riordino prosegue su binari certi.

E’ di particolare pregio per la nostra Comunità la sottoscrizione di una convenzione con l’Università di Pisa che permette ai suoi studenti, nel caso ne facciano richiesta, il tirocinio nelle nostre strutture. Nello specifico, nel biennio 2007-2008 è stata presente nella nostra Comunità una tirocinante che ha svolto attività di studio e ricerca, oltre ad apprendere le tecniche di inventariazione dei materiali archivistici: grazie a questo stage, la tirocinante (su sua richiesta) ha potuto approfondire il periodo delle leggi razziali, con particolare riguardo alla scuola istituita nella nostra Comunità e alla maestra Clara Ventura. Da questo lavoro, e da successivi approfondimenti, deriva la scheda che ha firmato per il libro «Millecentocinquantanni».

A lato dell’Archivio Storico troviamo, doverosa di segnalazione, la biblioteca con la sua consistente raccolta di volumi. Già attiva tra XVIII e XIX secolo, è costituita da una collezione di circa mille volumi di vario genere, concernenti cultura generale, religione, culto e preghiera, esegesi, storia dell’Ebraismo, Sionismo, Israele, antisemitismo, Shoah, filosofia, storia, geografia, letteratura, scienze naturali e così via.

Questa eterogeneità di argomenti è dovuta, oltre che a una evidente volontà di raccolta delle conoscenze e del sapere, all’incremento di consistenze verificatosi a partire dal biennio 1938-1939, quando è stata fondata una scuola elementare presso i locali della nostra Comunità, a seguito dell’applicazione delle leggi razziali.

Al materiale archivistico e bibliotecario corre parallelo quello formato da giornali e riviste, che negli anni si è arricchito di nuove pubblicazioni. Materiale del XX secolo, costituito da una sessantina di testate, decisamente interessante per chi voglia analizzare gli eventi storici contemporanei, studiandoli attraverso un occhio giornalistico, nel duplice aspetto di cronaca e commento.